"La gente come noi non molla mai".

"La gente come noi non molla mai". Semplicemente una frase? Semplicemente un coro da stadio? Un aforisma o motto da spogliatoio? No. Non per noi, non per i Rams. E' a partire da quando è iniziato l'avvicinamento fra la nostra società di football americano e l'associazione Magica Cleme che per noi questa frase ha un nuovo significato. Se ancora non lo sapete, la Fondazione Magica Cleme è una onlus che collabora con l'Ospedale San Gerardo di Monza, offrendo a tutti i bambini in cura al reparto di "emato-oncologia pediatrica" e alle loro famiglie un supporto reale per facilitare il divertimento al di fuori dell'ospedale. Io personalmente ho avuto l'occasione di giocare con questi bambini al Vigorelli, insegnando loro cos'è il football americano e quella che ho vissuto è stata un'esperienza indimenticabile. Non sono mai stato una persona con l'imbarazzo del parlare in pubblico, ma vi posso assicurare che all'inizio è stato difficile pensare di poter pronunciare frasi del tipo: "Vedete ragazzi, i Rams non si arrendono mai", oppure "la nostra forza sta nel fatto che quando ci facciamo male, continuiamo comunque a correre", con quale presunzione avrei potuto dirlo a loro, come arrogarsi il diritto di insegnargli cosa vuol dire non mollare? L'unica soluzione era dimenticare tutto e pensare solo di avere davanti dei ragazzi pronti a divertirsi, cosa che, lo devo dire, ha funzionato. Con l'aiuto di Jacopo Cecchini e di Luca Rossoni e altri ci siamo divisi in gruppi e abbiamo spiegato le regole del gioco, le regole dei Rams e poi fatto provare il gioco; mai provata tanta soddisfazione nel vedere i ragazzi correre, lanciarsi il pallone ovale, provare l'attrezzatura e il placcaggio. Sono sicuro anche che la partita che c'è stata dopo, la finale dello Young Bowl 2009 che vedeva i Red Jackets di Sarzana affrontare i Bengals di Brescia, se la siano gustata ancora di più. In quell'occasione abbiamo deciso di premiare non ... More

Cosa c’è dietro la fatica?

I Rams nati nel 2007 sono partiti da una formazione di 6 ragazzi che si ritrovavano a correre chiedendosi cosa facevano dopo che la squadra risorgeva da più di dieci anni di oblio. Non sapevano al primo allenamento cosa stessero facendo, ne forse riuscivano a intravedere l’immagine che io oggi tutti i giorni d’allenamento ho sotto gli occhi, cioè una squadra da un centinaio di persone tesserate e una sessantina di giocatori fra under 21 e senior. Noi non siamo professionisti pagati, ma ci consideriamo, come dice il nostro preparatore atletico, atleti agonisti. Agonisti perché ogni settimana ci alleniamo e ammazziamo di fatica per poter poi competere la domenica, mettendoci al confronto più che con l’avversario con noi stessi; atleti perché usiamo le nostre doti atletiche, le alleniamo, le portiamo al limite sforzandoci di migliorarle. Mi è capitato più volte alla fine di una partita sfiancante, magari sotto la pioggia, nel fango e al freddo, di chiedermi: “Ma chi me lo fa fare?” risposta che costantemente rimane senza risposta perché più concentrato sulla doccia imminente che nella meditazione. E’ difficilissima la risposta. Penso che se si potesse rispondere a questa domanda allora si avrebbe la chiave per poter fare e far fare al prossimo qualsiasi cosa, in quanto conoscere cosa alimenta il fuoco ci può permettere di controllarlo a piacere. Conoscere cosa porta l’uomo ad accettare o meno una certa fatica è sempre stato un problema cruciale, ad esempio a livello lavorativo. Durante la seconda rivoluzione industriale si pensava che l’uomo fosse a priori contrario alla fatica, e perciò andava strettamente controllato e costantemente punito nel caso non svolgesse le sue semplici mansioni. Successivamente alcuni psicologi osservarono che l’uomo può anche accettare di buon grado... More