Un Rams alla volta : Stefano Bignotti #22
Ciao Stefano, grazie per la tua, disponibilità per questa intervista. Ci vuoi raccontare come hai scoperto il FA?
“Ho scoperto il football americano facendo zapping su sky sport, ovviamente sapevo dell’esistenza di questo sport ma il primo contatto vero e proprio l’ho avuto vedendo una partita di playoff Patriots contro Ravens. Per intenderci era la partita di Edelman to Amendola. Non sapevo assolutamente nulla del gioco però mi ricordo che rimasi impressionato da Gronkowski e (non sapendo minimamente chi fosse) da come i commentatori pompassero un certo Brady. Il giorno dopo a scuola incontrai un mio amico e scoprì per caso che era un fan dello sport e passò l’intervallo a parlarmi di Brady e della NFL più in generale. Da quel giorno iniziai a documentarmi pesantemente su regole e situazione attuale del football americano imparando un sacco di cose grazie anche a Brett Kollmann (che consiglio tantissimo ai patiti). Ancora oggi penso di avere uno o due video di Adrian Peterson sul telefono che scaricai per la prima volta in quel periodo. Grazie a questo tuffo nel mondo del football la domenica successiva riuscii a seguire la discussa partita tra Patriots e Colts”.
Come ti sei avvicinato ai Rams e perché hai scelto di giocare con loro?
“Insieme a due miei amici decisi di giocare a football americano e siccome uno era troppo grande per le giovanili avevamo scelto i Rams per rimanere insieme, poi ho dato un’occhiata al sito e ho scritto per avere qualche informazione. Come risultato di ciò ebbi il primo incontro con Big che venne fino a casa mia, mollò un bel “vaffanculo”, mi disse che lanciavo nel modo sbagliato, mi diede il calendario, i documenti per l’iscrizione e se ne andò. I miei amici poi mi paccarono ma io rimasi convinto della mia scelta e iniziai la preparazione. Direi che ci ho preso”.
Quali sono i momenti fondamentali per il tuo percorso di giocatore nei Rams?
“Il mio anno da rookie fu un po’ up & down, una montagna russa, nel senso che non riuscivo a fare due prestazioni buone di fila nonostante le molte possibilità di giocare per essere un rookie. Il momento cruciale penso sia stato la partita di ritorno coi Lancieri dove faceva molto caldo e la partita era tirata. Tendenzialmente se la partita era tirata le possibilità di giocare erano poche a meno che qualcuno non si facesse male, ma Big mi diede fiducia e decise di mettermi in campo, feci due cazzate e me ne ritornai in panchina. Dopo la partita mi parlarono Big e Marco dicendomi che avevano bisogno che io fossi pronto a giocare. Da quella partita iniziai a venire prima agli allenamenti per fare lavoro individuale e migliorai in pochissimo tempo. Dopo quegli allenamenti mi sentii pronto per giocare. Ci furono i playoff e sfortunatamente prima Fede e poi Cri si infortunarono, giocai entrambe le partite in cui tra l’altro segnai il primo TD fuori dal “garbage time” su una call in redzone. Essere in grado di essere effettivamente utile alla squadra mi ha fatto sentire estremamente bene e direi che quegli allenamenti hanno messo le basi per quello che sono adesso”.
Quali valori, sportivi, umani, etici hai trovato nei Rams?
“La famiglia Rams mi ha insegnato parecchie cose ma la cosa che mi ha colpito di più è l’importanza che dai ai tuoi compagni, venivo da realtà sportive diverse come il calcio e il basket, e in questi sport è superficiale, certo c’è bisogno di tutti per vincere ma non hai bisogno di un legame vero e proprio coi tuoi compagni. Qui la storia è diversa c’è un reciproco legame di fiducia dove ognuno sa che è spacciato senza l’altro. L’esempio più evidente sono i blocchi, quando corri devi fidarti dei compagni davanti a te e aiutarli a fare un bel blocco passando per i buchi designati, viceversa i tuoi compagni cercheranno di aprirti quel buco proprio perché confidano in te. Perché tutto riesca c’è bisogno di un legame profondo che inizia dall’allenamento. A differenza del calcio, dove se perdi palla poco ti importa dei tuoi compagni di squadra, nel football americano perdere la palla significa vanificare gli sforzi dei tuoi compagni che si sono rotti un dito o si sono fatti male a una spalla per farti un bel blocco e proteggerti. A me capita spesso di stare peggio quando liscio un blocco che non quando vengo placcato perché qualcuno non ha bloccato il suo. Questo legame però non viene dal nulla ma nel tuo anno da rookie vieni “messo alla prova” per vedere se su di te possiamo contare ma una volta che sei dentro non lo scordi più”.
Che cosa senti di avere avuto indietro dai Rams? e che cosa pensi tu di aver portato o dato ai Rams?
“Sono arrivato relativamente giovane e l’impatto che hanno avuto Big e i miei compagni è stato impressionante, mi hanno dato una mano indirettamente in un periodo molto importante della mia vita come il liceo e l’università. Un chiodo fisso di Big era che il football deve arrivare ad aiutarti nella vita, di farti crescere non solo dentro il rettangolo del campo ma diventare persone migliori. Sono cresciuto molto in questo periodo anche se non sono arrivato. Sto iniziando a mettere più impegno in quello che faccio ma ho ancora voglia di dare di più. Penso che una delle cose più importanti che mi hanno dato i Rams sono i compagni, loro mi hanno aiutato e mi aiutano ancora adesso ad affrontare situazioni che da solo non avrei sopportato. Ho condiviso molto con loro in questi quattro anni dalla delusione contro Verona ai derby coi Lancieri fino alla partita coi Predatori. Questa è una squadra speciale. Non saprei dire cosa ho portato alla squadra sarebbe più una domanda per loro, io spero di arrivare a diventare una figura di riferimento come lo sono stati per me i più vecchiotti”.
Quali motivazioni hai avuto per giocare Halfback/ Flanker?
In realtà quando sono entrato in squadra non avevo in mente un ruolo in cui avrei potuto giocare e quindi lo scelse Big, mi disse di fare il runningback tra lo stupore generale dei miei neocompagni che dicevano fossi troppo alto ma lui ribatté dicendo che Eric Dickerson era alto e lì finì. Iniziai come runningback e imparai a fare sia l’halfback che il fullback entrambi mi piacquero pur avendo compiti diversi anche se all’inizio ero più portato a fare il fullback. Durante il mio secondo anno eravamo un po’ corti coi flanker siccome Pollo aveva smesso e Giò non poteva venire, quindi Big adattò me e Guido. Mi piaceva moltissimo come ruolo anche se ogni tanto mi veniva un po’ di nostalgia di fare il runningback. Oltre a piacermi era probabilmente il ruolo che potevo fare meglio perché richiedeva molta versatilità e io fino a quel momento ero un runningback ibrido, le tracce da imparare non erano complicate e quindi iniziai anche a ricevere oltre che a correre e bloccare. Adesso gioco pochi snap come runningback ma sono contento quando devo dare il cambio a cri o fede quando devono recuperare un po’.