Un Rams alla Volta: Luca “James Hunt” De Scisciolo #99”

Come hai scoperto il FA?

“Mi sono avvicinato al Football Americano in occasione dell’ XXXVIII Superbowl, giocato nel 2004 a Houston tra Carolina Panthers e New England Patriots e vinto da questi ultimi. È stata una partita molto combattuta ed emozionante, risolta da un field goal all’overtime. Ovviamente all’epoca (avevo 14 anni) non conoscevo tutte le regole, ma fui colpito dai grandi gesti atletici di quarterback e ricevitori e dallo spettacolo complessivo dell’evento, sia in campo sia fuori. Da quel momento ho seguito il campionato NFL con molta passione, già dalla regular season, mai avrei potuto immaginare che una decina di anni dopo avrei avuto anche io la possibilità di praticare uno sport così “lontano” da quelli praticati abitualmente nel nostro paese”.

Come ti sei avvicinato ai Rams e perché hai scelto di giocare con loro?

“Una volta trasferitomi a Milano, avendo mantenuto una spasmodica passione per il football, un giorno, per curiosità, ho cercato su internet le squadre cittadine partecipanti al campionato italiano. La mia attenzione è stata attratta immediatamente dai Rams Milano: sono stato colpito principalmente dal messaggio che invitava chiunque fosse incuriosito a mettersi alla prova per capire se fosse in grado di giocare ad uno sport impegnativo come il football americano. Non gli importava quanto fossi grosso, veloce o forte, ciò che contava era solo la mia determinazione. Così ho deciso di provare ed è bastato il primo allenamento per farmi capire che li avevo trovato un ambiente giusto per mettere alla prova le mie capacità e la mia determinazione. Sono stato accolto da BIG RAM, una di quelle persone che il football americano in Italia l’hanno importato, ma che, rimanendo umile, era lì a spiegare con pazienza a tutti gli ultimi arrivati perché il football giocava un ruolo così importante nella sua vita, nella speranza di tramandare la sua passione. Da quell’allenamento i Rams sono diventati la mia seconda famiglia”.

Quali sono i momenti fondamentali per il tuo percorso di giocatore nei Rams?

“Ritengo che la prima stagione per me sia stata fondamentale. Il nostro coach per la Defence all’epoca era Randy Beverly Jr. È stato soprattutto grazie a lui che ho capito di avere le qualità per essere in grado di giocare a football. Al primo allenamento stagionale ero spaventato, non avevo mai indossato casco e protezioni, e in un drill durante il riscaldamento sentii dolore al braccio per un placcaggio di una safety che pesava circa 30kg meno di me! Quella sera, tornando a casa mi interrogai dubbioso sulle mie capacità di giocare a questo sport. Ma grazie agli stimoli costanti di coach e compagni la fiducia è cresciuta di giorno in giorno, le mie capacità sono venute fuori, e oggi posso dire con orgoglio di essere stato parte attiva della difesa che ha vinto il campionato FIF del 2014, sebbene fossi nella mia rookie season, giocando tutte le partite, tra cui ricordo con particolare emozione la finale vinta allo stadio Vigorelli”.

Raccontaci un momento, delicato, difficile?

“I momenti difficili, nel football, spesso fanno rima con gli infortuni. Il mio primo infortunio da giocatore di football americano è coinciso con la prima partita del campionato FIDAF del 2016. Si trattava del nostro ritorno in FIDAF dopo tanti anni, ed il calendario ci presentò subito una trasferta molto difficile, a Varese contro i Gorillas. Fu una partita molto combattuta, giocata centimetro su centimetro, e vinta, grazie ad una difesa che nell’ultimo drive difese strenuamente il punticino di vantaggio sugli avversari. In una delle ultime azioni, in occasione di una gang tackle della “Green Dame” ho sentito un colpo al dito, ma l’adrenalina per la partita (e per la vittoria) mi hanno impedito di accorgermi fino al giorno dopo che avevo una seria frattura all’indice della mano sinistra. Cose da mettere in conto quando si gioca a football, ma la mia assenza forzata dalle gare successive, guardando i miei compagni lottare senza di me, mi ha fatto capire che privilegio abbiamo a giocare a questo sport meraviglioso”.

Quali valori, sportivi, umani, etici hai trovato nei Rams?

“Innanzitutto l’uguaglianza. Ognuno nella vita ha i suoi valori, i suoi pensieri sulla società, sulla politica. Spesso i miei sono entrati in contrasto con quelli di Big. Proprio per questo il valore che ho apprezzato di più nella mia esperienza da giocatore dei Rams è l’uguaglianza. La filosofia di Big (e quindi dei Rams) è quanto di più egalitario esista: Non importa la tua stazza, la tua nazionalità, il tuo stato sociale, il colore della tua pelle, la tua religione: chiunque faccia parte della squadra la maglia deve meritarla, e la otterrà solo grazie a se stesso, alla sua voglia e alla sua determinazione.
L’altro principio che mi ha unito indissolubilmente ai Rams è rappresentato dai valori antichi che cercano di trasmettere nello sport moderno, in antitesi con il trend della maggior parte delle squadre (di qualsiasi sport) del panorama attuale. Non troverete mai il nome di nessun giocatore sulla maglietta dei Rams, e questo perché, come diceva Jonathan Franklin (e come Big ci ha ripetuto allo sfinimento) “The best person on the team is the team”. Questo è lo spirito dei Rams, e indossare la maglia verde significa essere testimoni all’esterno dell’importanza del collettivo. In un mondo sempre più proiettato verso l’individualismo e la prevalenza di interessi economici sui valori sportivi, indossare la maglia verde dei RAMS rappresenta un piccolo gesto rivoluzionario di cui sono molto orgoglioso. Anni fa, lessi un articolo su una rivista di football che sosteneva che “Essere Rams è una questione di DNA, una scelta di vita”. Beh non posso essere più d’accordo”.

Che cosa senti di avere avuto indietro dai Rams? e che cosa pensi tu
di aver portato o dato ai Rams?

“Sarò sempre grato ai Rams e a Big per avermi dato un tocco di ordine e disciplina in un momento un po’ anarchico della mia vita. Il maggiore insegnamento che ho tratto da questa esperienza è che se vuoi raggiungere un obiettivo, anche se ti sembra inarrivabile, devi impegnarti e concentrare tutte le tue forze per raggiungerlo. Potrai raggiungerlo, potrai fallire, l’unica cosa che non potrai fare è avere rimpianti. Ovviamente sono anche grato ai Rams per avermi fatto conoscere persone fantastiche come la maggior parte dei compagni di squadra che ho avuto, molti dei quali amici anche al di fuori del campo.
Per quanto riguarda ciò che ho dato io, beh, questo dovrebbero essere gli altri a dirlo, posso dire che in alcuni momenti di questa esperienza giunta ormai al sesto anno, a volte è capitato che il mio posto in squadra fosse preso (giustamente) da qualcun altro più costante di me negli allenamenti. Beh in quei momenti è capitato spesso che venissi chiamato in causa “in corsa” e devo dire, senza falsa modestia, che in quelle occasioni ho dimostrato il mio valore, a volte anche risultando decisivo per cambiare le sorti della partita. Questa è una cosa che mi rende particolarmente fiero”.

Quali motivazioni hai avuto a settembre per ricominciare ancora per un altro campionato?

“A settembre si rientra dalle vacanze, il caldo è ancora fastidioso, e in genere si ha poca voglia di allenarsi, anche considerato che il campionato inizierà solo 5 mesi dopo. Eppure, nonostante ciò, rivedere i propri compagni, vivere lo spogliatoio quotidianamente, sono tutte cose che ti mancano quando smetti di farle, d’estate. Tornare ad allenarsi a settembre è un po’ come quando si torna a scuola da piccoli dopo la pausa estiva, prima di tornarci non fai che rimpiangere l’estate, ma dal momento in cui metti piede nello spogliatoio ti rendi conto che il tuo posto sulla panca è lì ad aspettarti. E da quel momento all’estate non ci pensi più, pensi solo a dare tutto quello che hai per raggiungere l’obiettivo, insieme ai tuoi coach ed ai compagni che con gli anni, quasi senza accorgertene, sono diventati la tua seconda famiglia”.

Alessandro Ferri