Comincerò con il mettermi in forma
Lo ho chiesto a molti lo ho detto a tanti, come mai gli arbitri non sono mai presenti alle manifestazioni di propaganda, non solo nel football ma in ogni sport? Fino a quando non ho provato ad arbitrare la mia convinzione era che gli arbitri erano un po’ come i preti: chiamati dal dio dello sport, rispondevano ad una vocazione. Quando ho provato ad arbitrare mi sono reso conto che non era il sacrificio che pensavo, si magari prendevo qualche insulto, ma non è che da giocatore o da allenatore ne avessi presi meno in carriera, e mai gli insulti mi avevano condizionato o infastidito, anzi non era per niente un sacrificio mi ero molto divertito. La sera prima della partita che avrei arbitrato, avevo preparato la borsa esattamente come quando giocavo, anche se molto più leggera. Ero andato a dormire presto perché sentivo la responsabilità della mia prestazione esattamente come quando giocavo. Le stesse sensazioni, lo stesso piacere. Il giorno della partita non c’era il pullmann ad aspettarmi ma una più comoda auto, ripasso veloce delle meccaniche tra una chiacchiera e l’altra e la certezza che la regola aurea del football mi avrebbe sempre aiutato: “Tutto ciò che è antisportivo è fallo”. Con la squadra degli arbitri c’erano grandi sguardi di intesa e rassicurazioni, avremmo fatto di tutto per tutelare quei ragazzi che a noi si affidavano, impegnandoci al massimo, consapevoli che a differenza dei giocatori, noi non avremmo avuto cambi, ma la nostra partita iniziava al fischio di inizio e finiva a quello finale, salvo la pausa di metà tempo, per questo l’essere in forma era importante. I giocatori alcune volte si lamentavano, più come sfogo o come scusa, piuttosto che con la convinzione di aver subito un torto, e la squadra degli arbitri tollerava, spesso facendo finta di non sentire, dato che i toni restavano sempre all’interno di proteste civili, inoltre la velocità con cui si dava il ready to play faceva sì che i giocatori pensassero più a giocare che a parlare. Questo metodo per limitare le proteste fu un grande consiglio che il Ref ci diede: sbagliare è umano il farlo lentamente è stupido, se vedete un fallo o una irregolarità, segnalatemela, io la applicherò velocemente e darò il ready to play, se una panchina vorrà spiegazioni dovrà utilizzare un time out. Sembrava tutto facile, ma per fare questo ci volevo un veloce passaggio del pallone fra gli arbitri, cosa non facilissima, anche se in questo il mio passato da quarterback mi era di grande aiuto, una conoscenza dei segnali dei falli, così da poter comunicare velocemente a distanza il tipo di infrazione, ed una buona intesa, cosa che mi diede grande soddisfazione quando fu raggiunta. La partita filo via veloce sebbene abbastanza tirata, grande merito delle due squadre, e
soprattutto nessuno si fece male, l’agonismo sebbene acceso restò sempre nei limiti consentiti e l’abilità dei miei compagni di avventura fu quella di far sapere ai giocatori che eravamo sempre vicino a quanto succedeva. Quando finalmente alzammo la palla per segnalare la fine della partita la sensazione fu la stessa di tante altre volte quando avevo giocato: la soddisfazione di aver fatto tutto quanto in mio potere per adempiere al mio compito ed il piacere di averlo fatto insieme ai miei compagni di squadra. Mentre facevo la doccia ripensavo a tutte le chiamate fatte o non fatte, a quanto avrei avuto ancora da imparare, a come potermi migliorare esattamente come quando giocavo. Dovunque guardo questo sport in qualunque posizione o ruolo mi metta lui riesce sempre ad insegnarmi molto e sono felice di questa opportunità che la Federazione offre quest’anno ai dirigenti di poter frequentare in corso arbitri per poter all’occorrenza dare una mano. Comincerò con il cercare di mettermi in forma perché non vorrei fare brutte figure nel caso potessi essere utile in qualche partita.