L’incontro con la paura

Come vi ho anticipato, ieri cercherò di raccontarvi l’incontro avuto a questo work shop su Scienza e meditazione, con Niccolò Campriani. Il suo inizio nello sport della carabina fu

subito segnato dal suo grande talento. Tutti notarono quel ragazzino tredicenne che apparentemente senza fatica mirava e colpiva un centro dopo l’altro. Per coloro i quali non conoscono come sia una competizione di carabina, sappiate che alle Olimpiadi, per esempio, i tiratori sparano sessanta colpi e devono colpire un bersaglio composto da varie circonferenze, la più piccola delle quali, il centro, è di un centimetro di diametro, posto, a cinquanta metri o a dieci, a secondo della gara, ed  a seconda della gara devono  farlo in piedi,  in ginocchio o a terra, o in tutte e tre le posizioni. Un otto vuol dire compromettere la gara, un nove potrebbe essere tollerato, ma un secondo o un terzo allontanerebbe irrimediabilmente dalle medaglie. Niccolò ci ha raccontato le sue prime gare, poi la chiamata alla sua prima Olimpiade nel 2008. I sei mesi prima delle gare, passati a ripetersi che non aveva nulla da perdere, che era solo una gara che gli sarebbe servita per fare esperienza. Tutto vero fino a quando a tre tiri dalla fine della gara si trova terzo, virtualmente sul podio alla sua prima esperienza olimpica a soli ventuno anni. Allora tutto quanto si era detto per sei mesi non serviva più a rilassarlo, adesso aveva qualcosa da perdere, qualcosa di molto importante. Una cosa che ci ha spiegato è che il tempo, in gara, non è un problema avendo a disposizione fino a centocinquanta minuti per completare i sessanta tiri, ma il problema è il battito cardiaco. Sì perché dovete sapere che il grilletto dei loro fucili è particolarmente sensibile, talmente sensibile che devono premerlo fra un battito e l’altro per non essere influenzati nel tiro. Lui ci ha detto che la cosa non è un problema, ovviamente fino a quando i battiti rimangono a sessanta al minuto, ma quando cominciano a salire a causa della tensione, della pressione, fino  a centotrenta, cento quaranta, cento sessanta, diventa particolarmente difficile, impossibile. Allora spari quasi sperando, e lui nel terzultimo e penultimo colpo riesce ancora a fare due dieci, limitando forse anche la velocità del battito, ma è proprio sull’ultimo colpo che spara come una liberazione dalla tensione, che fa un otto precipitando al decimo  posto. E’ lì che capisce che nella sua vita dovrà fare i conti con le sue paure, quelle che non aveva mai visto anche se c’erano sempre state tra il suo mirino e il suo bersaglio. Ora che se ne era reso conto aveva due strade: affrontarle e vincerle o ignorarle, attribuendo la prestazione sbagliata a qualche scusa e sperare che queste non si riproponessero in futuro. Ovviamente la sua scelta fu di affrontare e risolvere queste paure e per farlo accettò una borsa di studio negli USA, dove oltre la possibilità di studiare avrebbe avuto la possibilità di allenarsi e di farlo con l’aiuto di uno psicologo dello sport, anch’esso tiratore in passato. Grazie ad una grande introspezione ed alla meditazione riuscì a vincere quelle paure, ed a vincere una medaglia d’oro ed una d’argento alle Olimpiadi di quattro anni dopo a Londra, ma soprattutto quella vittoria spostò la sua mira sugli obbiettivi della sua vita dimostrando ancora una volta l’importanza dello sport per la formazione di un uomo. Quanti di noi si ritrovano nelle sue parole, quanti di noi hanno fatto o fanno i conti con le proprie paure un secondo prima di una ricezione, di un placcaggio, di un blocco, quante giocate sono condizionate dalle nostre paure ? . Lavoreremo su questo, cercheremo di utilizzare quanto appreso per migliorare anche le nostre performance. Vi invito a leggere il suo libro : “Ricordati di dimenticare la paura”. Chiudo copiandovi  la dedica che c’è nel suo libro, ringraziandolo per essere venuto a raccontarci la  sua storia:  “Queste pagine le dedico alla piccola Olivia e ai giovani impegnati in ogni tipo di sport, perché simili sono le fatiche e le emozioni. Non confondete i vostri sogni con quelli degli altri.  E ricordate che le vittoria non determinano quello che siete, ma viceversa.”