La strategia ed il gesto tecnico
Quando guardi una partita di football per la prima volta la difficoltà maggiore sta nel capire quale tra i giocatori di attacco ha la palla. Poi piano, piano spesso con l’aiuto di un vicino più esperto o nei campi più attenti ai neofiti, grazie alle spiegazioni degli speaker cominci a capire un po’ di più. Poi sempre di più fino a quando, normalmente dopo due o tre partite cominci ad apprezzare la strategia di gioco e a capire le regole. E’ in quel momento che la partita da ammirazione per la capacità dei giocatori, grazie ai fondamentali ed alle protezioni, di assorbire i colpi e di giocare come se nulla fosse comincia a diventare qualcosa di più di una esibizione, si comincia a discutere di strategia. Si disserta sul perché è stata fatta una giocata al posto di un’altra o del perché si è messo quel giocatore al posto di quell’altro
. La discussione si basa sulla convinzione che il football sia come una partita a scacchi, in cui i due capi allenatori facciano delle mosse per realizzare la loro strategia di gioco e basta. Ma quello che fa il football molto più interessante del gioco degli scacchi è il fatto che i giocatori non sono pedine e non sempre si muovono come dovrebbero o sono all’altezza del compito richiesto, per questo un allenatore che conosce i suoi giocatori meglio di chiunque altro, quando decide uno schema tiene anche conto delle variabili a lui note, ma agli altri sconosciute. Questo fa la differenza tra il football amatoriale ed il football professionista. Se un allenatore chiama un calcio di allontanamento si aspetta che il centro faccia uno snap corretto, il punter esegua un calcio lungo e i suoi placcatori fermino l’avversario in possesso del pallone poco dopo averlo ricevuto garantendo alla sua squadra un buon guadagno. Solo lui però sa che, magari in allenamento, lo snap lungo non funzionava bene e spesso la palla cadeva ricoperta dalla squadra avversaria, o il calcio non era sufficientemente lungo, o i placcatori non abbastanza bravi, per cui decide di giocare la palla al posto che calciarla. Se sbagli sarà criticato da chi queste cose non conosce, ma non rischierà il posto, al più gli diranno che è un incompetente. Diverso è nei pro dove dato che i giocatori sono pagati si pretende che eseguano esattamente quello per cui sono pagati e se ciò non avviene si assume un altro giocatore in grado di fare ciò che gli si chiede. Chi viene mandato via normalmente ha smesso di guadagnare giocando a football ed è per questo i professionisti sono sottoposti a stress incredibili, passare da guadagnare parecchie migliaia di dollari ad essere disoccupato non è proprio la stessa cosa, in più in USA non esistono campionati minori, in cui sei pagato un po’ meno ma giochi uguale , tipo la nostra serie B o serie minori, li o giochi in NFL e guadagni molto o nelle leghe semipro e guadagni mille o duemila dollari al mese durante la stagione che dura pochi mesi. È un mercato spaventosamente logorante. Solo dieci ogni duecento giocatori delle università più forti passeranno professionisti, tutti gli altri smetteranno di giocare, per questo il football è una grande palestra di formazione per molti che utilizzano questo sport per aggiungere un valore in più alle loro competenze. Per questo non stupitevi s enei posti che contano trovate ex giocatori universitari di ottimo livello che ad una breve ed effimera carriera professionistica hanno scelto di mettere le loro competenza, compreso il lavoro di squadra, al servizio degli altri.