La storia continua.
Sembrava lo spogliatoio di tanti anni fa in cui come sempre i primi aspettavo gli ultimi. Dall’ora di arrivo dei giocatori sapevi a quale generazione di Rams erano appartenuti. Quelli che arrivavano per primi erano certamente quelli degli anni subito dopo la fondazione, quando le attrezzature erano contate e dovevi aspettare che uno smettesse di giocare per poter aspirare ad averne no e cominciare la pratica. Poi via, via gli altri, ogni volta che si apriva la porta è stata una festa. I più giovani, i giocatori attuali erano contagiati da quello spirito Rams che in loro comincia a nascere ma che avvertivano forte in quelli più vecchi, non una rimpatriata di reduci, ma una squadra. Persone che da sempre hanno condiviso gli obbiettivi e che oggi come allora continuano a giocare sul campo della vita non la stessa determinazione e volontà di migliorarsi che i nostri coach ci hanno trasmesso negli anni. Finiti gli abbracci e messi tutti a sedere è stato il momento in cui ognuno si è presentato agli altri. Uno dopo l’altro ci siamo alzati in piedi annunciando nome e ruolo ricoperto in passato o oggi, così i giovani hanno conosciuto i precursori e questi hanno conosciuto i ragazzi nei quali si sono probabilmente ritrovati. Malgrado la notorietà di alcuni non c’era timore reverenziale o ammirazione, ma la consapevolezza di essere parte di un solo grande progetto, di essere tra i fortunati che non solo hanno la fortuna di giocare a football, non solo di farlo nei Rams ma soprattutto di aver capito la filosofia di questa squadra. Rancati ha poi spiegato come il libro sia nato proprio per questo. Ci eravamo resi conto che quello che avevamo avuto la fortuna di vivere non era solo e semplicemente un momento di sport ma per molti di noi aveva rappresentato e rappresenta un percorso che
continua nella nostra vita. Tanti i ricordi riaffiorati ieri sera, solo sentir pronunciare i soprannomi, metteva timore reverenziale: Splinter, Colt, Death, Hulk, Ghand, e così via. È vero abbiamo sempre giocato che ragazzi nati e cresciuti nei Rams, non abbiamo mai dovuto e voluto pagare un giocatore per giocare con noi, il diritto di giocare nei Rams non si vende si conquista, accettiamo la sconfitta se siamo meno forti o più inesperti, ma non accettiamo di pagare qualcuno per vincere. Quest’anno comincerà un nuovo ciclo, per noi, ma credo che avendoli conosciuti i ragazzi sanno orgogliosi di poter continuare quella tradizione che quel casco con le corna bianco e verdi messo al centro della sala, assieme ai manifesti che annunciavano il derby a Bolzano tra Rhinos e Rams, o la prima di campionato coi Giaguari a Torino ricordavano. La storia non si ferma semplicemente la scrivono giocatori diversi nei nomi ma con lo stesso spirito e lo stesso orgoglio che indossare la maglia bianco verde dal 1979 ad oggi ha significato e significa. Nel pomeriggio pubblicheremo il nostro gingle di auguri poi fino al 3 gennaio, giorno prima della partenza per Charlotte, un po’ di riposo. L’ultimo pensiero va a Sox che tra poche ore sarà operato al G. Pini, e che ieri sera non ci è mancato, perché lo abbiamo sfinito di telefonate. In bocca al lupo! Non è stato facile salutarci ieri sera avremmo voluto continuare a condividere ricordi o a raccontarci come l’appartenenza a questa squadra ci abbia condizionato durante la nostra esistenza ma sono sicuro che avremo occasione di rivederci, magari al debutto della squadra in casa. Per adesso risuoni forte il grido. RAMS! IS ENOUGH!