La mia esperienza ( By Pollo )
Per il secondo anno ho avuto il piacere e la fortuna di poter partecipare al viaggio negli States organizzato per assistere alla più grande ed importante convention di coach di football americano voluta dall’AFCA (American Football Coaches Association). Ringrazio fin da subito la grandissima signora Anna Puzzarini che ci ha regalato per il secondo anno questo viaggio, e ringrazio anche te big che mi hai permesso insieme a zamba di seguirti nuovamente in questa esperienza. Il viaggio sembrava apparentemente più rilassante rispetto a quello dell’anno scorso: partenza non all’alba, ma comoda, comoda alle 11 del mattino, spostamenti fra i vari terminal dell’aeroporto di Londra molto più veloci ed immediati. Tutte le belle speranze di un arrivo a Louisville senza intoppi , svaniscono quando arriviamo a Chicago, il nostro ultimo scalo prima dell’arrivo, completamente bloccato causa tempesta di neve. Contemporaneamente facciamo lascoperta che la valigia di Zamba, purtroppo stavolta seguita da tutti i nostri bagagli, non ha viaggiato con noi, e che sono invece rimasti a Londra. Siamo costretti a rimanere per una notte a Chicago in attesa del primo volo possibile verso Louisville, che sarebbe stato l’indomani.Comunque, inconvenienti dell’American Airways a parte (anche al ritorno ci causeranno un ritardo di oltre 4 ore), arriviamo stanchi a Louisville con un giorno di ritardo.L’incontro con Randy, dopo un anno che non ci vedevamo, ha subito rianimato tutti, e senza fermarci un attimo (anche perché di valige da svuotare ne avevamo ben poche) usciamo subito e andiamo a vedere il Mall di Louisville. Non c’è nemmeno da dover dire che la prima tappa è stata al negozio sportivo, diversissimo da come siamo abituati a vedere in Italia: per nostra gioia lo spazio che solitamente qua da noi è dedicato al calcio, lì era invaso da caschi, paraspalle, guanti, pads, scarpe e qualsiasi altro accessorio dedicato. Prima dell’inizio della convention abbiamo sfruttato il nostro tempo libero per
andare in giro per la “calda” Lousiville (temperatura media -14°), andando a visitare inoltre il museo dedicato al grande Mohammed Ali, nato proprio in città, e la fabbrica-museo di mazze da baseball. La città è un concentrato di stili diversissimi fra loro: incontravamo edifici che andavano dai grattaceli enormi dei film, alle casette di tre piani in stile vittoriano fino ai vecchi palazzoni anni ’70 un po’ malandati. Il convention center, immenso come anche quello di Indianapolis dell’anno scorso, si sviluppava su due piani e praticamente su un intero isolato, ed era collegato agli alberghi circostanti in modo tale che nemmeno si dovesse uscire all’aperto per attraversare la strada. E’ stato incredibile come ci hanno accolto Johnny Tusa e Bill Lane, che nonostante l’anno trascorso, è come se ci fossimo visti l’ultima volta il giorno prima, grandi Una seconda presenza alla medesima convention per molte persone perde di significato e di importanza rispetto alla prima, come se le cose viste e sentite una volta dopotutto è inutile rivederle e risentirle. Posso io in prima persona testimoniare il contrario. Nonostante quest’anno era per me la seconda presenza all’AFCA, ho scoperto nuove cose, riscoperto cose che già sapevo ma che in realtà sottovalutavo. Entusiasmanti come al solito le assemblee che, anche se quest’anno ce ne erano meno, permettono di conoscere di più il football guardato dal punto di vista del grandi coach attraverso le loro esperienze. Dal punto di vista tecnico sono le buzz-session a rispondere alle nostre lacune. In particolare,
fra i molti, ho avuto il piacere di ascoltare il coach dei ricevitori della University of Arizona: Tony Dews. Quello che mi aspettavo da un coach del suo livello era che iniziasse a parlare di schemi e tracce complicate, invece i primi 20 minuti della sua ora di assemblea li ha voluti usare per parlarci dei fondamentali, ma non i fondamentali che si allenano con drills ripetuti all’infinito, bensì di quei fondamentali che stanno veramente alla base: CONOSCENZA DELLE REGOLE, DEL CAMPO e la capacità di COMUNICARE. Non sono questi problemi lontani dai nostri campi qui in Italia, e ne stava parlando il coach di una squadra di prima divisione della NCAA. E’ poi invece divertente ascoltare magari in altre assemblee le varie soluzioni a problemi ai quali noi in Italia nemmeno avevamo mai pensato: ad esempio i problemi legati allo scouting, oppure quelli legati alla scelta del giorno più opportuno all’interno della settimana per fare l’allenamento “leggero”. Ci sono poi quelle assemblee che iniziano col football come argomento, e che poi arrivano fino alle esperienze di vita di colui che parla. Sentendo parlare queste persone, capisco sempre di più quale strumento potente sia il football, capace di rendere un ragazzino, un uomo in grado di affrontare la vita a testa alta, col culo basso e col peso sulle punte, così che anche se cadrà, si rialzerà una yard più avanti. Alcuni già si erano accorti anni fa di questa potenzialità che si nasconde dietro uno sport che apparentemente può sembrare solo violento. Comunque ora anche lì in America si insiste molto sulle responsabilità che un coach ha davanti ai propri giocatori e sull’importanza del buon esempio, al fine di creare un giocatore e soprattutto un uomo.Ringrazio ancora Anna, Big, Zamba, Bob, Malcolm, Tommy, Randy e Franz per aver reso il viaggio possibile ed unico come al solito! Grazie!!
Pollo #28