Programmazione o improvvisazione?

Continuando nelle riflessioni fatte ieri vi riferisco di una telefonata ricevuta recentemente in cui un dirigente di una squadra neo formata mi invitava ad organizzare un torneo, per permettere ai suoi circa tredici giocatori di giocare delle partite per non perderli. Ora il problema del football nasce da qui. Ho spiegato a questa persona, che certamente è animata dalle migliori intenzioni, che non si può fare i dirigenti di una società in questo modo. Il primo passo dovrebbe essere quello di stilare un programma che valuti i costi, cerchi un budget per coprirli e che programmi l’attività per almeno tre anni, proprio per non far affezionare i giocatori ad una franchigia e poi sul più bello dirgli che il budget è esaurito, e anche per non dilapidare i pochi soldi del budget acquistando tute, capellini e giubbotti, per poi accorgersi di non avere i soldi per le trasferte o per i campi. I giocatori devono sapere all’inizio della loro avventura a cosa vanno incontro, a quali spese, ed è compito della dirigenza far si che ne siano consapevoli. Non si può giocare questo sport senza un numero minimo di giocatori, che ne garantisca e tuteli l’integrità fisica e la possibilità di ammalarsi senza per questo danneggiare irreparabilmente la squadra. Inoltre la conoscenza della tecnica, ma soprattutto delle regole non possono essere affidate al caso, ma devono essere spiegate prima di cominciare a giocare. Troppe volte si assiste a scene pietose di giocatori, ma spesso anche di allenatori , che ignorando le  regole basi,  incalzano gli arbitri invocando infrazioni regolamentari inesistenti o non pertinenti, o troppe volte vediamo giocatori commettere falli gravissimi per ignoranza regolamentare. Provate per esempio a chiedere quale deve essere il comportamento corretto dei giocatori dopo una chiamate di Fair catch e constaterete quanto da me affermato. Credo che sia ora che i dirigenti comincino a fare i dirigenti, per cui a dirigere e programmare l’attività e le tappe di crescita, stilando programmi adeguati al budget e all’organico che, ragionevolmente, si ipotizza di riuscire a trovare. I ragazzi devono capire che  questo non è uno sport per tutti proprio  perché presenta tempi di apprendimento lunghi che prevedono molta costanza, passione e determinazione e non è certo uno sport in cui ci si può improvvisare giocatori. Il fatto che qualcuno lo faccia o lo abbia fatto non significa che sia giusto ne che sia corretto ed auspicabile. Il football americano rimane uno sport divertente se giocato in sicurezza da giocatori allenati e preparati e diretto da arbitri che sanno che il loro primo compito non è vedere il fallo che nessuno avrebbe mai visto, ma tutelare la sicurezza dei giocatori, diventa un gioco estremamente pericoloso se lo si fa praticare a gente inesperta, non in forma e ignorante del regolamento. A supporto di questo ragionamento possiamo portare la nostra percentuale di infortuni che statisticamente è al di sotto della percentuale di infortunio del calcio o del basket. Se il football americano potrà avere un futuro dipenderà dai dirigenti, dalla loro capacità di trovare budget e  di adeguare le spese in base a questi, di promuovere campagne di reclutamento su programmi specifici in cui siano chiari gli obbiettivi e gli intenti ed i loro tempi di realizzazione. Se viceversa per non perdere un o più  presunti giocatori modificassero i programmi, facessero passi più lunghi della gamba pensando che potrebbe sempre succedere un miracolo assisteremo a nascita e chiusura repentina delle società. Programmazione dunque e non premura deve diventare la parola d’ordine. Noi saremo felici di aiutare chiunque su questa strada ma non seguiremo nessuno di quelli che vogliono correre verso un fallimento annunciato.