Ultimo martedì senza allenamenti
Stasera sarà l’ultimo martedì senza allenamenti, poi da settimana prossima si ricomincerà con i consueti ritmi. Intanto si rivedono i play book e si fa il punto sul futuro del football. Dopo quattro anni possiamo dire che su molti punti abbiamo dimostrato le nostre ragioni. Avevamo da subito avversato il campionato tutti contro tutti da nord a sud e il tempo ci ha dato ragione, troppe le spese da affrontare nello spostare una squadra di football degna di tale nome, troppo penalizzante la trasferta lunga per chi non può permettersi di fermarsi a dormire, ormai questo appare assodato. Abbiamo avversato da sempre la spese per americani pagati in campo e il tempo ci ha dimostrato che nessun italiano è migliorato grazie alla loro presenza, ma anzi la loro presenza ha impedito a molti italiani di farla esperienza, dato che loro occupavano sei posti su ventidue. Tutte queste cose sembrano oggi facili riflessioni ma fanno tanto male a chi queste cose le urlava con forza e decisione fin dal 1984. Da tanti anni chi dirige il football pensa ai propri interessi prima che all’interesse di tutti. Quando si propose di introdurre gli americani in campionato fummo gli unici a batterci per non averne, avevamo investito tanto nella crescita dei nostri ragazzi, cosa che gli altri non facevano, cosi per essere competitivi dovevano sperare in buoni americani che sopperissero alla mancanza di buoni italiani. Avevamo una serie di qb di tutto rispetto: Benizzoli, Gallivanone, Orla, Coppa ma quando Benizzoli e Gallivanone smisero anziché pensare a farne crescere di nuovi, fu più facile per rimanere competitivi, affidarsi agli americani. Riuscirono a tenerci buoni per due anni, dandoci il contentino di aver in campo un americano ma non nella posizione di qb, poi la sola furbizia italiana ricorse all’half back pass, e cosi dopo poco anche l’ultimo tabu cadde. Qb italiani degni di tale nome non ce ne furono più, ma neanche nazionali degne di tale nome. Dopo i qb fu più facile prendere anche altri americani, e così poco a poco il nostro vivaio ricco di talenti fini. Roccia, Talone , Colombo, Berini, Mazzucchelli, Bravetti,Saguatti, Trabattoni, Riccardi, Costa, e tanti altri non avrebbero niente da invidiare ai tanti americani che ho visto giocare oggi in Italia, ma nessuno si è preoccupato di far crescere i nostri vivai, troppo impegnati i dirigenti a cercare vantaggi per rendere competitiva la propria squadra.
Oggi si va avanti ancora così, cercando di snaturare quello che è il più bello sport del mondo. Volete sapere chi vince il campionato? Guardate il nome del presidente della federazione prima, della Ifl oggi. Quando la cosa si ripete da trent’anni vuol dire che non è un caso ma che si fanno leggi ad hoc, dando un contentino agli altri. Per esempio se uno ha un roster corto si accorcia il numero minimo e ci si guadagna il suo appoggio. Il tal presidente vuol farsi bello con la squadra in massima serie perché ha uno sponsor grande? Si toglie il merito sportivo e si mette la potenzialità economica come criterio di scelta. Speriamo di avere in futuro qualcuno che capisca che il bene del football vale più di un titolo nazionale. Qualcuno che capisca che non si può insegnare la pistol offense se non si sa insegnare uno snap lungo e così via. La dirigenza deve dirigere seguendo programmi di crescita conformi, ma deve vigilare affinché al football non si avvicini solo chi può spendere centinaia di euro, relegandolo ad uno sport di elite economica e non di elite atletica e caratteriale. I soldi non sono una discriminante costruttiva, lo aveva capito perfino il golf un po’ di anni fa facendo corsi federali gratuiti e obbligando i circoli a quote di favore per i giovani. In Italia si preferisce far finta di non sapere e non vedere. Bilanci nascosti e spese folli poi se le squadre chiudono o scelgono in quale campionato giocare si fa finta di non vedere. Noi continueremo a batterci per uno sport pulito, accessibile a tutti con costi contenuti, che possa permettere a coloro i quali si vogliono avvicinare al football di poterlo fare utilizzando tutte le nostre risorse per attrezzature e campi e non per pagare giocatori americani che vengono a divertirsi. Per noi allenare è un piacere e mai pagheremmo allenatori o giocatori, cosi come lo è arbitrare o poter dirigere questo sport verso i traguardi che merita. Chi vuole essere pagato per allenare o per giocare, chi paragona il football ad altri sport , non ha mai avuto la fortuna di conoscerlo sul serio o di giocare in una squadra vera o il football non è il suo sport.