Meno male c’è allenamento.

Si, apro il giornale e mi sento sempre più lontano da un mondo che stento a riconoscere. Parlo con la gente e la vedo disorientata. Inutile nascondere che da qualunque parte guardiamo l’attuale situazione mondiale abbiamo più di una ragione per essere preoccupati. Ma ogni giovedì e ogni martedì entro in spogliatoio e mi ritorna l’ottimismo. Ancora tanti ragazzi hanno voglia di confrontarsi con se stessi. I valori che mi spinsero tanti anni fa a voler a tutti costi fondare questa squadra e una federazione, sono ancora gli stessi. Uno sport in cui i soldi non dovevano essere una discriminante, in cui ognuno portava in campo se stesso e cercava di superarsi alzando di volta in volta la sua soglia del dolore, della fatica, della sopportazione per riuscire a capire che nulla gli era impossibile se veramente lo voleva e che questo era più facilmente raggiungibile se condiviso con altri. Cosi cominciava a nascere quello spirito di squadra che ancora oggi è componente fondamentale dei Rams. Ragazzi provenienti da famiglie benestanti e ragazzi di famiglie disagiate, ragazzi di religioni diverse e con idee politiche a volte anche opposte, diventavano una solo cosa, lottano insieme per dare un senso agli sforzi affrontati nei tanti allenamenti che precedono le partite. Si, esistevano solo tre squadre, poi cinque e solo allora si concretizzava la possibilità di giocare otto partite in un anno. Prima erano solo tanti allenamenti, tanti esercizi, ma attraverso questi si affinava la tecnica e si imparava a controllare l’aggressività. La scelta di non pagare nessun giocatore, neanche se americano, ci univa sicuramente di più, ma ci obbligava ad imparare in fretta per non sfigurare. Grande soddisfazione, quando ragazzi come Roccia, Saguatti, Rancati o Talone, solo per fare alcuni nomi noti,  riuscivano a dimostrare come non fosse il passaporto a fare la differenza, ma gli allenamenti ed il talento. Gli allenatori erano maestri nell’installare grande competizione tra attacco e difesa, ma essendo parte della stessa squadra c’era comunque una sorta di rispetto, di tentativo di non affondare il placcaggio o di limitarsi nel blocco, anche se spesso si eccedeva, giusto per aver qualcosa per cui sfottersi alla fine. Quanti lividi, ma quanta gioia, quando si usciva dal campo sorridenti e sfranti, anche se un po’ acciaccati. Molti dei miei compagni di allora,  mi ricordano spesso alcuni di quegli episodi che fanno parte della nostra storia, della nostra formazione come uomini, mariti , padri. Io ho una grande fortuna rispetto a loro: posso ancora riviverli, posso ancora spiegare a tutti coloro che scelgono di giocare per i Rams, che il football è uno sport che comincia in spogliatoio e che per aumentare la tecnica non c’è che un modo: ripetere all’infinito quegli esercizi che fanno diventare normale ciò che normale non è. Non è il numero di partite che fa diventare un giocatore più bravo, è la capacità dei coach, la frequenza agli allenamenti, la voglia di superarsi,  che trasformano un ragazzo in un giocatore, qualunque sia il suo fisico o la sua velocità.  Si per fortuna oggi è giovedì, per fortuna c’è allenamento.