3. Qualsiasi cosa accada, assumitene la responsabilità
l terzo punto dei princìpi che Robbins ha individuato alla base del successo, e che inserisco nella saga che state leggendo, riguarda la responsabilità o, meglio, il rapporto che abbiamo con essa. Una delle caratteristiche comuni di molti leader e realizzatori è la convinzione che siano essi stessi a creare il proprio mondo, che qualsiasi cosa accada ne siano loro i fautori in maniera diretta o indiretta, come se fosse prodotta dalle loro azioni o addirittura dai loro pensieri. Non è dimostrato da nessuna branca filosofica o esperimento scientifico che siamo noi stessi a crearci il nostro mondo, e forse è presuntuoso pensarlo, ma forse in taluni casi è utile perché troppo spesso si è portati ad assumersi responsabilità nei buoni frangenti ma non nei cattivi, trovando a noi stessi mille giustificazioni diverse per potere alleggerire la nostra posizione nell’autogiudizio. Questa è una cosa fondamentale che ho imparato sul campo da football americano e che è basilare da insegnare nelle scuole del nostro sport soprattutto ai più giovani, perché costituisce lo stimolo di base al miglioramento anche nella vita reale. Quando di fronte alla partita andata male si riduce l’analisi al dare la colpa all’attacco che non ha segnato o alla difesa che non ha retto allora potremo anche fare un intero campionato in questa maniera ritrovandoci alla fine con un pugno di mosche in mano, qualche livido in più e nessuna soddisfazione. E’ fondamentale per capire gli errori e porvi rimedio usando il cervello l’aiuto di chi ha più esperienza, cosa che però non è sufficiente se non ci liberiamo prima dall’egoismo dell’essere in campo da qualche tempo e dal fatto che certe cose le vediamo meglio noi che non da bordo campo. L’assumersi responsabilità si rivela in una squadra anche un fondamentale collante, in quanto aumenta il potere carismatico che si esercita sui propri compagni, guadagnando in rispetto, stima e fiducia. Immaginate che venga da noi a giocare il quarterback dei Cincinnati Bengals. Di sicuro avrebbe tutto il potere che è formalmente acquisibile dal ruolo di capitano che ha tanta esperienza, fama, bravura e gavetta alle spalle, ma se non fosse capace di sentirsi responsabile delle palle che mette male oppure cominciasse a insultare i giocatori che non sono al livello dei suoi lanci la squadra si sfalderebbe, diventerebbe disunita perché il capitano perderebbe l’aura di rispettabilità e di leadership che è data dal fatto che anch’egli sia pronto o meno ad assumersi la responsabilità degli errori. Il punto è cercare con lo sport di insegnare questa mentalità anche ai ragazzi più piccoli, perché se l’atteggiamento responsabilizzante non viene insegnato in famiglia o nelle scuole o in televisione allora è doveroso farlo con lo sport. In questo senso va l’impegno dei Rams verso le scuole, gli oratori e le iniziative scolastiche che supportiamo e continueremo a supportare, perché siamo consci che il tema della responsabilità è ancora troppo caldo e assolutamente da sviluppare.
Il Pensiero di HP
di Dario D’Ambrosio