Largo ai giovani

Ci sono esperienze che ci cambiano la vita, ci sono momenti che sono irrepetibili, per questo quando accadono vanno assaporati e gustati fino in fondo. Il ricordo di quegli eventi rimarrà nei nostri cuori ma sarà un evento unico ed irripetibile. Molti lo capiscono, ringraziano la vita che gli e lo ha concesso e vanno avanti. Altri restano legati a quell’evento e ne cercano la ripetizione in maniera ossessiva, rinunciando così a crescere, ma quello che è peggio rendendosi ridicoli e sporcando delle prestazioni incredibili con apparizioni patetiche. Questo avviene nello sport come nella vita. Quanti grandi personaggi non hanno saputo scegliere il momento in cui ritirarsi e lasciare spazio a gente più giovane e più competitiva? Quanti pur di inseguire il successo passato sono scesi a compromessi degradanti senza per altro non ottenere che un prolungamento di una agonia? Nel football succede spesso così. Quando uno sport da emozioni forti, si fa molta fatica ad accettare di non poterle più vivere, per lo meno nello stesso modo. Se si è riusciti a crescere attraverso il football si raggiungerà la consapevolezza di poter ottenere altre soddisfazioni in altri campi: lavoro, famiglia, sport diversi e più adeguati all’età, o magari si cercherà di rimanere attaccati a quel mondo impegnandosi nell’allenamento o nella dirigenza per permettere ad altri di poter vivere le stesse emozioni. Purtroppo altri non ci riescono rendendosi ridicoli. Quante volte il cinema ha riprodotto pietose rappresentazioni di riunioni di classe di studenti ormai cinquantenni? Quante volte rivedendo la nostra fidanzatina, magari il nostro primo amore abbiamo cercato di ritrovare quei sentimenti che erano ormai sepolti dall’esperienza di vita? Perché grandi giocatori si ostinano a ricercare esperienze che non potranno più rivivere, anziché trasmettere passione e tecnica a più giovani atleti? Perché tutto questo deve essere consentito da dirigenti che non si rendono conto della differenza tra il far crescere un giocatore o vantarsi di annoverare tra i propri giocatori un fortissimo ex di tutto? Capisco perfettamente la voglia di dimostrare sul campo quanto affermato alla lavagna, so quanto si soffre a stare in panchina, ma ringrazio i miei grandi allenatori che hanno saputo accettarlo per insegnarmi a giocare, ma soprattutto per insegnarmi che c’è un tempo per ogni cosa, e per fortuna almeno quello lo ho imparato. La voglia mi è rimasta, e chi si allena con noi sa come cerchi ogni scusa in allenamento per “lanciare” un pallone, ma il rispetto per quello che nel bene o nel male ho rappresentato, il rispetto per chi oggi si impegna per fare quello che a me è stato concesso di fare è sicuramente superiore, per cui come molti prima di me soffro in panchina gioendo per ogni cosa che i nostri giocatori riescono ad apprendere, grazie ai nostri insegnamenti, ma soprattutto avendo il rispetto per questo sport che sicuramente non è uno sport per quarantenni, sebbene ben conservati, e anche questo non è certo il mio caso.